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Gli artisti di Campolieto

Per i lussuosi ambienti interni, Vanvitelli riuscì a realizzare quel ‘dippiù’ richiestogli dalla committenza, coinvolgendo i migliori artisti allora in circolazione.

Per i pittori coinvolti vanno citati: Fedele Fischetti, Gaetano Magrì, Giuseppe Funari, Jacopo Cestaro, Crescenzo La Gamba, oltre ai grandi artigiani e decoratori del tempo, tra i quali citiamo Gerardo Solofrano e Pasquale De Matteis, indoratori e stuccatori.

Il gruppo di maestri è lo stesso che l’architetto romano aveva caldamente voluto anche per il cantiere del sito reale di Caserta inaugurato nel 1751 e che non riuscì a vedere ultimato per il sopraggiungere della morte nel 1773.

Ciascun maestro mostra la propria cifra stilistica e la propria specialità che lo rendeva riconoscibile e prossimo alle indicazioni dell’architetto, che coordina non solo il disegno architettonico ma il progetto globale del complesso di Resina, abbracciandone ogni aspetto, dalla distribuzione dello spazio al decoro di ogni singola componente. Degna di nota, inoltre, è la tendenza degli affreschi ad un raffinato barocchetto votato al classicismo, perfettamente in linea con lo stile desiderato da Vanvitelli.

La stanza in cui ci troviamo detta del “Cannocchiale” affaccia sulla strada principale (Strada delle Calabrie) e vanta una splendida vista verso il Vesuvio.  A Jacopo Cestaro vennero affidati nel 1771 gli affreschi di tale ambiente, in cui raffigura le grandi figure di Mercurio e Minerva al centro di una serie di colonnati tuscanici eseguiti, invece da Gaetano Magrì e che richiamano il colonnato esterno di Campolieto. Le volte dei tre ambienti successivi con le figure di Apollo, Diana e Aurora, nell’ala privata dell’appartamento nobile, sono invece opera di Cestaro insieme al Fedele Fischetti e segnano una serie di scelte stilistiche unite dal discorso della luce.

I diversi affreschi presenti in villa eseguiti dalle maestranze chiamate a Resina rispondono a un preciso progetto iconografico ideato dallo stesso architetto. Le decorazioni pensate per gli interni e soprattutto per le salette di passaggio ripropongono i motivi e le ambientazioni dei giardini diventandone una mappa semantica. Le architetture del colonnato, le statue dei giardini, le fontane, danno vita ad un dialogo infinito tra interni ed esterni, tra ambienti chiusi e aree en plein air. L’utilizzo, inoltre, delle false architetture permette ad ambienti piccoli o poco illuminati di aumentarne illusoriamente lo spazio, i punti luce, resi ulteriormente realistici con l’uso del trompe l’oeil.

Il Salottino Pompeiano

L’ambiente ultimo sul lato destro del piano nobile, viene denominato il Salottino Pompeiano. Pur essendo un casino di diporto, la famiglia Di Sangro arredò i suoi appartamenti, le sue stanze e i suoi salotti con gusto ed eleganza. Questo ambiente ne è un’evidente testimonianza: la ricercatezza dei decori, l’uso dei colori caldi e la preziosità dei finti camei alle pareti, ben si sposa con l’essere stato sicuramente un intimo ambiente privato della duchessa Marianna di Sangro. Le altre stanze, prive ormai di mobili e altro decoro, erano all’epoca rivestite di sete preziose dalle tinte calde. Documenti infatti citano l’uso dell’’ermisino giallo di color paglia ricco, usato sia a tinta unita che a rigatino, mentre la pelle delle preziose sedute in legno di noce dorato, erano anch’esse di colore giallo.

Ora una piccola collezione di presepi occupa lo stanzino affrescato, con in particolare uno “scarabattolo” con la Villa Campolieto inserita nell’immaginario presepiale. Tale collezione è frutto di donativi fatti alla Fondazione dai maestri presepisti a seguito di alcune mostre dedicate all’illustre arte del presepe ospitate negli anni passati all’interno delle sale di Campolieto.

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Panoramica

13.-ANTONIO-PETITO

13 luglio 2025 |  VILLA CAMPOLIETO | ERCOLANO ORE 19:30

TEATRO

NELLE STANZE DEL DUCA DI SANGRO

infinito petito

Tre surice dint' a no mastrillo

di ANTONIO PETITO
con Rosario D'Angelo, Diego Consiglio, Maria Teresa Iannone, Vincenzo Bove, Vincenzo Vecchione
adattamento e regia Riccardo Citro

Pulcinella è molto più di una maschera: è il residuo attivo di una memoria teatrale che non ha mai smesso di vivere. È uno strumento vivo e presente, capace di guidare l’attore e di imprimere una forma precisa alla scena. Ogni volta che si mette in scena una “pulcinellata”, la sfida è sempre la stessa: far esplodere la sua potenza comica, rinnovare la sua vocazione parodica, attualizzarne la forza. Pulcinella non ha bisogno di resurrezioni nostalgiche: è vivo ogni volta che lo si lascia agire. “Tre surice dint’a no mastrillo” di Antonio Petito, è una piccola macchina perfetta: una partitura fatta di parole essenziali, gesti rapidi, e soprattutto spazi per il gioco attorale. Nella sua apparente leggerezza, il copione nasconde un meccanismo teatrale millimetrico, che regge il tempo e lo sguardo contemporaneo. Petito non spiega né giustifica: presenta tipi umani, desideri ossessivi, corteggiamenti grotteschi. Pulcinella, degradazione farsesca dell’innamorato romantico, è coinvolto in una corsa assurda e violenta verso un oggetto del desiderio tanto erotico quanto irreale: la figlia della tavernara. In questa versione, la farsa diventa specchio amaro del nostro presente. L’amore si trasforma in consumo, l’oggetto desiderato è un bene da conquistare e bruciare. I tre pretendenti sono tre maschere della pulsione cieca, incapaci di reale relazione, immersi in un automatismo che è, oggi, lo specchio della nostra bulimia affettiva e sessuale. La scena si fa così essenziale, quasi crudele, per lasciar emergere un riso secco, violento, quasi animalesco

SPETTACOLO TEATRALE E SPETTACOLO DI DANZA
INTERO: € 10,00
RIDOTTO UNDER 25 E OVER 65: € 7,00
Biglietteria fisica la sera dello spettacolo dalle ore 18:00