punto

09

L’incannucciata tra tecnica e decorativismo

Ci ritroviamo nella sala più rappresentativa di Villa Campolieto, ossia “l’Incannucciata”. Questo ambiente era destinato a sala da pranzo “di famiglia”. Soffermandoci sulla tecnica utilizzata, essa consiste nel porre a sostegno di uno strato di stucco, delle canne di fiume – da qui il nome incannucciata – che permettono di modellarlo e di conferirgli la forma desiderata, in questo caso semi cupole agli angoli ed una grande volta cupolata al soffitto (attualmente crollata in parte). L’ambiente fu completato nel luglio del 1772 da Pietro Antonio Checchi e Carmine Savatore che citiamo per la maestria nella tecnica scelta dal Vanvitelli per fondere architettura e decorazione. Il crollo parziale della struttura svela la volta a botte ed i materiali impiegati, ossia mattoni di tufo giallo ed un battuto di lapillo per la parte voltata. Sullo stucco si svolge l’affresco, al quale Fedele Fischetti potè cominciare a lavorare alla fine dell’estate dello stesso anno, insieme a Gaetano Magrì, scelto appositamente per le sue doti nell’eseguire prospettive e vedute con la tecnica dell’affresco.

La scena, sicuramente ispirata agli antichi viridarium e ai più moderni giardini d’inverno, rappresenta un pomeriggio vissuto all’interno del giardino della villa; un grande gazebo circolare, adornato di piante rampicanti, statue e puttini, si inserisce nella campagna circostante, tra pini e marina. A destra e a sinistra, alle estremità delle due tavole, possiamo ipotizzare la presenza dei padroni di casa, inseriti nella scena. Il resto delle figure svolgono usuali attività che contraddistinguono una tipica giornata in una villa di delizie vesuviana: si gioca a carte – si noti la simpatica scena del “baro” che suggerisce alle dame la mossa vincente – si chiacchiera, si danno disposizioni per la cena, si servono bevande fresche, ci si diletta al suono di una piccola orchestrina. Tutti gli ospiti sono elegantemente preparati con abiti di seta, parrucche e monili preziosi, mostrandoci un prezioso spaccato dell’aristocrazia napoletana in un momento di svago, ma pur sempre di rappresentanza. Nell’angolo al lato della porta che dà sul vestibolo, l’architetto Luigi Vanvitelli si inserisce nel discorso, lasciandosi ritrarre nell’atto di osservare stupito l’immagine riprodotta nella stanza, e quindi dell’intero suo pensiero riguardante il casino dei di Sangro nel territorio di Resina che, come lui stesso ipotizzò, sarebbe stato oggetto per lui di fama tanto quanto il suo operato casertano.

Alle sue spalle la fontana del cafehause riprodotta è ancora rintracciabile nell’attuale perimetro del giardino lato Napoli.

La villa nel cinema

In questa stanza nel 1981 venne girata una parte importante del film “La pelle”, film di Liliana Cavani tratto dal romanzo di Curzio Malaparte, in cui spiccano tra gli attori Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni. Precisamente, questa stanza è stata utilizzata per la scena della cena del generale Clark. Anche il salone delle Feste fu coinvolto nelle riprese del film.

Ti trovi qui

Curiosità

  • In questa stanza e nel salone delle Feste, nel 1981 venne girata una sezione importante del film "La pelle", film di Liliana Cavani tratto dal romanzo di Curzio Malaparte, in cui spiccano tra gli attori Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni e presentato in concorso al 34º Festival di Cannes dello stesso anno.

Galleria

Panoramica

[wpvr id="9963"]
13.-ANTONIO-PETITO

13 luglio 2025 |  VILLA CAMPOLIETO | ERCOLANO ORE 19:30

TEATRO

NELLE STANZE DEL DUCA DI SANGRO

infinito petito

Tre surice dint' a no mastrillo

di ANTONIO PETITO
con Rosario D'Angelo, Diego Consiglio, Maria Teresa Iannone, Vincenzo Bove, Vincenzo Vecchione
adattamento e regia Riccardo Citro

Pulcinella è molto più di una maschera: è il residuo attivo di una memoria teatrale che non ha mai smesso di vivere. È uno strumento vivo e presente, capace di guidare l’attore e di imprimere una forma precisa alla scena. Ogni volta che si mette in scena una “pulcinellata”, la sfida è sempre la stessa: far esplodere la sua potenza comica, rinnovare la sua vocazione parodica, attualizzarne la forza. Pulcinella non ha bisogno di resurrezioni nostalgiche: è vivo ogni volta che lo si lascia agire. “Tre surice dint’a no mastrillo” di Antonio Petito, è una piccola macchina perfetta: una partitura fatta di parole essenziali, gesti rapidi, e soprattutto spazi per il gioco attorale. Nella sua apparente leggerezza, il copione nasconde un meccanismo teatrale millimetrico, che regge il tempo e lo sguardo contemporaneo. Petito non spiega né giustifica: presenta tipi umani, desideri ossessivi, corteggiamenti grotteschi. Pulcinella, degradazione farsesca dell’innamorato romantico, è coinvolto in una corsa assurda e violenta verso un oggetto del desiderio tanto erotico quanto irreale: la figlia della tavernara. In questa versione, la farsa diventa specchio amaro del nostro presente. L’amore si trasforma in consumo, l’oggetto desiderato è un bene da conquistare e bruciare. I tre pretendenti sono tre maschere della pulsione cieca, incapaci di reale relazione, immersi in un automatismo che è, oggi, lo specchio della nostra bulimia affettiva e sessuale. La scena si fa così essenziale, quasi crudele, per lasciar emergere un riso secco, violento, quasi animalesco

SPETTACOLO TEATRALE E SPETTACOLO DI DANZA
INTERO: € 10,00
RIDOTTO UNDER 25 E OVER 65: € 7,00
Biglietteria fisica la sera dello spettacolo dalle ore 18:00