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Il Miglio d'Oro

Ci troviamo nel cuore di quel tratto di strada dell’antica Via Regia della Torre Octava, anche conosciuta come Strada Regia delle Calabrie, che dagli scavi di Ercolano giunge fino alle porte di Torre del Greco. Storicamente ribattezzato “Miglio d’Oro” per l’importante concentrazione di bellezze paesaggistiche, archeologiche e architettoniche, l’insieme di tali elementi ancora oggi rimandano al glorioso passato il cui segno permane nelle nobili residenze sorte a seguito della volontà di Carlo di Borbone di costruire il sito Reale di Portici nel 1738. Una passeggiata che per oltre cent’anni determinò nel passante e negli illustri personaggi del Gran tour stupore e ammirazione, soprattutto per il forte contrasto tra la minacciosa mole del vulcano e la bellezza della marina, che s impreziosisce man mano nel corso del Settecento di giardini e residenze, espressione di un gusto raffinato e travolgente che ancora oggi non smette di sedurre e attrarre i visitatori. 

Tra gli architetti più importanti che lavoreranno per le nobili committenze partenopee nel territorio vesuviano, vanno citati Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Giovan Antonio Medrano, Ferdinando Fuga, Mario Gioffredo, Luigi e Carlo Vanvitelli.

Villa Campolieto

La Villa Campolieto fu voluta da Don Luzio di Sangro, Duca di Casacalenda e principe di Campolieto che tra il 1755 e il 1757 acquistò un suolo a valle della Strada delle Calabrie, incaricando Mario Gioffredo di progettargli “il più nobile casino” nell’allora territorio di Resina.

Seguì alla rottura tra Gioffredo e i proprietari un biennio incaricato a Michelangelo Giustiniani, per poi infine affidare il tutto nel 1763 a Luigi Vanvitelli, conosciuto e apprezzato dal Duca, allora governatore al Monte di Pietà del San Salvatore.

Definito come tra i luoghi più ameni della zona, ancora oggi l’intero fondo conserva in buona parte la sua conformazione settecentesca, con un disegno che rimanda alla ricerca costante d’equilibrio tra il paesaggio – insieme ai giardini – e il corpo architettonico della villa.

L’accesso alla villa oggi utilizza quello che storicamente è l’ingresso al Parco “lato Napoli”. A destra è ancora visibile lo sfondo dell’antico giardino in cui si intravede ancora l’alloggio di una fontana.

Questa struttura era particolarmente complessa, intesa nelle diverse funzioni che assecondava. Oltre alla fontana vi era un cafehause con affaccio sulla strada principale, un orologio a tre quadranti, (a cui rimanda il toponimo che ancora conserva la strada laterale “Via Quattro Orologi”) e una peschiera che si allunga verso il mare con alla base una trama di “bassi” – visibili dal parcheggio attuale – il cui ingresso era posizionato sulla strada succitata e che, oltre a fungere da deposito per le derrate alimentari, ospitavano anche una bottega di pastai.

Oggi questo luogo del giardino è totalmente stravolto dalle visibili alterazioni iniziate a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, con la perdita dell’orologio vanvitelliano e il profilo della torretta del palazzotto. La disposizione dei boschetti e dei parterres seguiva il naturale declivio del terreno, degradando verso mare, in fondi agricoli caratterizzati da colture diverse (vigne, agrumeti, orti). Il risultato: un senso di armonico e ordinato susseguirsi degli spazi dove le zone di rappresentanza e di svago fossero per ogni tempo della famiglia e comunque separate rispetto alle aree agricole.

13.-ANTONIO-PETITO

13 luglio 2025 |  VILLA CAMPOLIETO | ERCOLANO ORE 19:30

TEATRO

NELLE STANZE DEL DUCA DI SANGRO

infinito petito

Tre surice dint' a no mastrillo

di ANTONIO PETITO
con Rosario D'Angelo, Diego Consiglio, Maria Teresa Iannone, Vincenzo Bove, Vincenzo Vecchione
adattamento e regia Riccardo Citro

Pulcinella è molto più di una maschera: è il residuo attivo di una memoria teatrale che non ha mai smesso di vivere. È uno strumento vivo e presente, capace di guidare l’attore e di imprimere una forma precisa alla scena. Ogni volta che si mette in scena una “pulcinellata”, la sfida è sempre la stessa: far esplodere la sua potenza comica, rinnovare la sua vocazione parodica, attualizzarne la forza. Pulcinella non ha bisogno di resurrezioni nostalgiche: è vivo ogni volta che lo si lascia agire. “Tre surice dint’a no mastrillo” di Antonio Petito, è una piccola macchina perfetta: una partitura fatta di parole essenziali, gesti rapidi, e soprattutto spazi per il gioco attorale. Nella sua apparente leggerezza, il copione nasconde un meccanismo teatrale millimetrico, che regge il tempo e lo sguardo contemporaneo. Petito non spiega né giustifica: presenta tipi umani, desideri ossessivi, corteggiamenti grotteschi. Pulcinella, degradazione farsesca dell’innamorato romantico, è coinvolto in una corsa assurda e violenta verso un oggetto del desiderio tanto erotico quanto irreale: la figlia della tavernara. In questa versione, la farsa diventa specchio amaro del nostro presente. L’amore si trasforma in consumo, l’oggetto desiderato è un bene da conquistare e bruciare. I tre pretendenti sono tre maschere della pulsione cieca, incapaci di reale relazione, immersi in un automatismo che è, oggi, lo specchio della nostra bulimia affettiva e sessuale. La scena si fa così essenziale, quasi crudele, per lasciar emergere un riso secco, violento, quasi animalesco

SPETTACOLO TEATRALE E SPETTACOLO DI DANZA
INTERO: € 10,00
RIDOTTO UNDER 25 E OVER 65: € 7,00
Biglietteria fisica la sera dello spettacolo dalle ore 18:00