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Il giardino di delizie

L’Architetto romano interviene nella sistemazione dei terreni a partire dal 1763 annettendoli al progetto prospettico e scenografico che attraverserà tutti i suoi 10 anni di cantiere, tra ripensamenti, sollecitazioni della committenza e soluzioni innovative. I primi interventi erano già stati affidati da Don Luzio nel 1760 a Michele Schemit che introdusse una prima suddivisione dei fondi suddividendoli tra “giardini di delizie” e colture agricole, ivi compreso un labirinto. Don Luzio infatti, paga all’architetto del verde circa duecento ducati per “l’incomodo presosi per la direzione del giardino” e per la fornitura di numerose essenze tra cui “300 lauri regi, 270 alberelli di ginepri provenienti dalle montagne di Venafro, tre alberetti di teglia, 22 cipressi in vaso e cipressi più grandi senza testa (…) e le piante del laborinzio”.

Villa Campolieto era ricca di fontane ornamentali, con giochi d’acqua ed eleganti strutture inserite nei decori dei giardini.

Elemento vitale e scenografico, l’acqua giocava un ruolo essenziale nella vita in villa tanto che tra i lavori preparatori del cantiere della fabbrica si svolsero vari sondaggi per rintracciarne la presenza. Fortunatamente Resina è attraversata a circa 20 mt di profondità da una falda d’acqua abbondante che incoraggiò la nascita delle dimore del Miglio d’Oro.

La fontana in basso, posizionata ad una quota più bassa rispetto al corpo di fabbrica e attorniata dal doppio scalone simmetrico, è il punto di interesse più rilevante per chi si ritrovava a percorrere il giardino “lato mare” della villa. La ricercatezza e la preziosità di questa fontana che ancora oggi conserva all’interno delle piccole alcove ricavate al di sotto dello scalone, è espressa da una successione di tre spazi in cui, a ridosso delle piccole sedute, si sviluppa una decorazione composita di conchiglie marine, ossidiana e cannucce fossili, che ripropongono motivi ornamentali e floreali alle pareti e nelle volte. Il giardino che si raggiunge dal colonnato ellittico è integralmente di mano vanvitelliana. Attraverso le esperienze di Caserta e quelle vissute come scenografo nei teatri romani, Vanvitelli vuole e riesce a tradurre su pietra le sue conoscenze in tema di prospettiva.  Chi oggi percorre il vialetto di ghiaia vedrà, tornando verso il corpo di fabbrica, in alto l’armonica simmetria del colonnato che incornicia la struttura della villa, mentre frontale si ritrova la fontana come cardine prospettico del viale. Un percorso che all’epoca era attorniato da statue, vasi, pilastrini di piperno, panchine di pietra, fontane e giochi d’acqua, il tutto pensato per essere armonicamente unito con la ricca e ricercata sistemazione di piante, fiori, arbusti e alberi.

La diversificazione e la volontà di assecondare sia il gusto e sia alla funzionalità era espresso dall’organizzazione degli spazi verdi della villa. Se le aree più vicine al corpo di fabbrica erano state concepite per il diletto ed il piacere dello stare all’aria aperta, nelle aree più a valle, lungo il declivio naturale del terreno, s’intensificava invece l’uso agricolo del fertile suolo vesuviano; viti, pomari, agri, gelsi, ortaggi e cereali venivano infatti prodotti ed in parte anche venduti “con buon profitto di casa”.

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Curiosità

  • Per l’interesse storico che riveste insieme ai numerosi attrattori turistici nel territorio vesuviano, Villa Campolieto è andata in onda in una delle puntate 2022 del programma RAI “Le Meraviglie. La penisola dei Tesori” condotto da Alberto Angela. È possibile rivedere l’intervento sulla villa e su altre meraviglie attraverso il sito di RaiPlay.

Panoramica

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13.-ANTONIO-PETITO

13 luglio 2025 |  VILLA CAMPOLIETO | ERCOLANO ORE 19:30

TEATRO

NELLE STANZE DEL DUCA DI SANGRO

infinito petito

Tre surice dint' a no mastrillo

di ANTONIO PETITO
con Rosario D'Angelo, Diego Consiglio, Maria Teresa Iannone, Vincenzo Bove, Vincenzo Vecchione
adattamento e regia Riccardo Citro

Pulcinella è molto più di una maschera: è il residuo attivo di una memoria teatrale che non ha mai smesso di vivere. È uno strumento vivo e presente, capace di guidare l’attore e di imprimere una forma precisa alla scena. Ogni volta che si mette in scena una “pulcinellata”, la sfida è sempre la stessa: far esplodere la sua potenza comica, rinnovare la sua vocazione parodica, attualizzarne la forza. Pulcinella non ha bisogno di resurrezioni nostalgiche: è vivo ogni volta che lo si lascia agire. “Tre surice dint’a no mastrillo” di Antonio Petito, è una piccola macchina perfetta: una partitura fatta di parole essenziali, gesti rapidi, e soprattutto spazi per il gioco attorale. Nella sua apparente leggerezza, il copione nasconde un meccanismo teatrale millimetrico, che regge il tempo e lo sguardo contemporaneo. Petito non spiega né giustifica: presenta tipi umani, desideri ossessivi, corteggiamenti grotteschi. Pulcinella, degradazione farsesca dell’innamorato romantico, è coinvolto in una corsa assurda e violenta verso un oggetto del desiderio tanto erotico quanto irreale: la figlia della tavernara. In questa versione, la farsa diventa specchio amaro del nostro presente. L’amore si trasforma in consumo, l’oggetto desiderato è un bene da conquistare e bruciare. I tre pretendenti sono tre maschere della pulsione cieca, incapaci di reale relazione, immersi in un automatismo che è, oggi, lo specchio della nostra bulimia affettiva e sessuale. La scena si fa così essenziale, quasi crudele, per lasciar emergere un riso secco, violento, quasi animalesco

SPETTACOLO TEATRALE E SPETTACOLO DI DANZA
INTERO: € 10,00
RIDOTTO UNDER 25 E OVER 65: € 7,00
Biglietteria fisica la sera dello spettacolo dalle ore 18:00