Lavia omaggia Leopardi e Wilde al Festival delle Ville Vesuviane

Lavia omaggia Leopardi e Wilde al Festival delle Ville Vesuviane

NAPOLI.

Gabriele Lavia (nella foto) è ritornato in città con un affascinante recital al Festival delle Ville Vesuviane. Un doppio appuntamento, nei giorni 21 e 22 settembre 2021 a Villa Campolieto di Ercolano, che lo vede impegnato nell’esegesi di due grandissimi autori, Leopardi e Wilde, “Lavia dice Leopardi” e “Le favole di Oscar Wilde”, a chiusura degli appuntamenti di teatro del Festival delle Ville Vesuviane. «Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro. Da sempre mi diletto a leggere componimenti di questo gran genio. Queste mi hanno appassionato sempre enormemente. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Leopardi é uno scrittore estremamente complesso, banalmente spesso accade che si assegna una poesia come “Il sabato del villaggio” a giovani studenti interpretandolo come semplice componimento bucolico al contrario parliamo di qualcosa di estremamente diverso e di molto profondo». E come non pensare a Leopardi e alla sua analisi della natura: la poesia influenzata dal cosiddetto pessimismo cosmico, la conclusiva evoluzione del pensiero del poeta. L’infelicità, secondo Leopardi, provocata dalla natura che induce l’uomo a desiderare la felicità per poi negargliela. La natura come una perfida forza cieca legata a un eterno ciclo di creazione e distruzione. Le creature viste come un’infima parte di questo ciclo, nel quale esse ricoprono un ruolo del tutto irrilevante. «Per me – afferma Lavia – dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed profondissima esperienza – continua Lavia-É qualcosa però anche di estremamente naturale. Significa improvvisare, significa affrontare un argomento a me caro e che tratto e studio da sempre.

Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto». Lavia parlandone, trasportato da un luminoso furore, definisce il poeta di Recanati un «genio assoluto», capace di scrivere poesie paragonabili a canzoni jazz per il loro librarsi e rimodularsi continuo, per la loro libertà metrica. Quello dell’attore e regista per Giacomo Leopardi, autore di liriche e sonetti indelebili nella memoria collettiva e nella Letteratura, è un amore più volte dichiarato apertamente. La conoscenza e lo studio, iniziati sui banchi di scuola, sono poi proseguiti autonomamente negli anni, fino a stringere un legame sempre più forte con le parole del poeta, col suo immaginario, con l’intensità e la profondità della sua produzione. È per questo che Lavia non si limita a leggere o interpretare o recitare.

Lo spettacolo, di cui è creatore e protagonista unico, è presentato in una chiave molto personale, quasi un racconto a tu per tu col pubblico, un voler sondare l’animo umano attraverso questi versi. Gabriele Lavia affronta poi per la prima volta le favole di Oscar Wilde, e ricerca in questi testi il pretesto per abbandonarci all’ascolto di storie fantastiche, che alludono alle contraddizioni di una moralità che condiziona spesso la vita. All’apice della notorietà infatti lo scrittore inglese scrisse alcune fiabe per i figli Cyril e Vyvyan, allora bambini: sono storie malinconiche, popolate da personaggi memorabili: «Perché la poetica di Wilde è molto più di una parola sublime, è la nudità smeraldina di un’anima. Ed è la decisione consapevole di un uomo che ha scelto l’arte come specchio di sé imponendosi però di non mentire, di non confondersi alla vista mascherandosi con i suoi serici drappi. Wilde é uno scrittore grandissimo che merita di esser approfondito ancora ed ancora, costretto a lasciare il Quisisana di Capri, dove era stato riconosciuto e dove “mi hanno negato anche il pane”. Queste non sono favole convenzionali, in Oscar Wilde non vi è mai il lieto fine. Wilde, come Pirandello, ha il sentimento del contrario. Non c’è nessuno che visse felice e contento. Vissero tutti infelici e scontenti. Questa è la caratteristica di queste favole così complesse, amare, ma anche comiche se vogliamo. Marito, padre, processato per omosessualità. Insomma un grande autore, che scava nel profondo e che merita di esser analizzato con riguardo ed attenzione».

 

Fonte IlRoma.net

13.-ANTONIO-PETITO

13 luglio 2025 |  VILLA CAMPOLIETO | ERCOLANO ORE 19:30

TEATRO

NELLE STANZE DEL DUCA DI SANGRO

infinito petito

Tre surice dint' a no mastrillo

di ANTONIO PETITO
con Rosario D'Angelo, Diego Consiglio, Maria Teresa Iannone, Vincenzo Bove, Vincenzo Vecchione
adattamento e regia Riccardo Citro

Pulcinella è molto più di una maschera: è il residuo attivo di una memoria teatrale che non ha mai smesso di vivere. È uno strumento vivo e presente, capace di guidare l’attore e di imprimere una forma precisa alla scena. Ogni volta che si mette in scena una “pulcinellata”, la sfida è sempre la stessa: far esplodere la sua potenza comica, rinnovare la sua vocazione parodica, attualizzarne la forza. Pulcinella non ha bisogno di resurrezioni nostalgiche: è vivo ogni volta che lo si lascia agire. “Tre surice dint’a no mastrillo” di Antonio Petito, è una piccola macchina perfetta: una partitura fatta di parole essenziali, gesti rapidi, e soprattutto spazi per il gioco attorale. Nella sua apparente leggerezza, il copione nasconde un meccanismo teatrale millimetrico, che regge il tempo e lo sguardo contemporaneo. Petito non spiega né giustifica: presenta tipi umani, desideri ossessivi, corteggiamenti grotteschi. Pulcinella, degradazione farsesca dell’innamorato romantico, è coinvolto in una corsa assurda e violenta verso un oggetto del desiderio tanto erotico quanto irreale: la figlia della tavernara. In questa versione, la farsa diventa specchio amaro del nostro presente. L’amore si trasforma in consumo, l’oggetto desiderato è un bene da conquistare e bruciare. I tre pretendenti sono tre maschere della pulsione cieca, incapaci di reale relazione, immersi in un automatismo che è, oggi, lo specchio della nostra bulimia affettiva e sessuale. La scena si fa così essenziale, quasi crudele, per lasciar emergere un riso secco, violento, quasi animalesco

SPETTACOLO TEATRALE E SPETTACOLO DI DANZA
INTERO: € 10,00
RIDOTTO UNDER 25 E OVER 65: € 7,00
Biglietteria fisica la sera dello spettacolo dalle ore 18:00