L’importanza di chiamarsi Gabriele Lavia. Eccolo che si fa vulcano (di parole e di emozioni) al Festival delle Ville Vesuviane

L’importanza di chiamarsi Gabriele Lavia. Eccolo che si fa vulcano (di parole e di emozioni) al Festival delle Ville Vesuviane

Stasera bis a Villa Campolieto con Oscar Wilde. Prossimamente porterà in scena La Ginestra che fu scritta proprio a Torre del Greco nel 1836. “Tranquilli, Il Teatro non è morto. E non morirà mai. E se voi non l’abbandonate, non vi abbandonerà mai”.

All’ombra del Vesuvio: una sedia al centro del palco, su sfondo nero, un uomo vestito grigio scuro che recita Leopardi. Inizia così e finisce con un’accesa tifoseria e dal pubblico due belle guaglione salgono sul palcoscenico. Non sarebbe andata così a Villa Campolieto se non ci fosse stato lui, Gabriele Lavia, che si fa vulcano ( di parole) e da subito domina la scena, rimeggia e ruggisce, e quella donzelletta che a scuola ci faceva sbadigliare lui ce la legge in chiave cinematografica, primi piani e voce fuori campo (di Recanati). Lavia allarga le braccia sull’Infinito e tutto il parterre abbraccia quest’ermo colle e recita con lui… s’annega il pensiero mio e il naufragar mi è dolce in questo mare.

E sembra che faccia sua l’installazione di Grubic a Procida : “How to strech the poem beyond the limit of words” ( traduciamo come estendere la poesia al di là del limite delle parole). Il direttore artistico Luca De Fusco, inventore del Festival delle Ville Vesuviane, chiosa dietro le quinte: “Quando vidi a Roma lo spettacolo di Leopardi era diverso. Oggi ha improvvisato tutto”. E’ questa la forza del teatro laviesco, scrive il copione, improvvisa altro. Stasera Lavia fa il bis e porta in scena alla sua maniera “Le favole di Oscar Wilde”. Il fil rouge: sia Leopardi che Wilde avevano soggiornato a Napoli, entrambi in fuga dalle loro infelicità. E questa è la sua chiave di lettura per “Il Principe felice”.

L’isola d’Arturo e del buon cinema d’autore: da oggi parte il Procida Film Festival, corti, documentari e anteprima nazionale di “Io, nel Gioco delle Seduzioni”, tratto dal romanzo di Lidia Ravera, protagonista un formidabile Andrea Renzi. Procida, caput mundi e Capitale della Cultura. Che ha ospitato un’ interessantissima “mostra diffusa” organizzata da Italics, a cura di Vincenzo de Bellis, con la super consulenza di Damiana Leoni (già consulente di Art Basel). Insieme hanno riunito le più autorevoli gallerie del mondo Perché Piccolo è bello.

In tanti ci siamo innamorati dei piccoli borghi, osannati da influencer e arcistar (vedi Mick Jagger in Sicilia e Madonna in treno in Puglia) visti come luoghi più sani in tempi di pandemia. Dicevamo un’ invasione “contaminata” da mattina a sera tra giardini, terrazze, chiese, vicoli, piazze, panorami, case private. Da Torra Murata alla Corricella, ancora impresse nella memoria di tutti le immagini de Il Postino di Massimo Troisi.

Fonte Voce di Napoli

13 luglio 2025 |  VILLA CAMPOLIETO | ERCOLANO ORE 19:30

TEATRO

infinito petito

Tre surice dint'a no mastrillo


di ANTONIO PETITO

con Vittorio Passaro, Rosario D'Angelo, Maria Teresa Iannone, Vincenzo Bove, Vincenzo Vecchione adattamento e regia Riccardo Citro

NELLE STANZE DEL DUCA DI SANGRO

Pulcinella è molto più di una maschera: è il residuo attivo di una memoria teatrale che non ha mai smesso di vivere. È uno strumento vivo e presente, capace di guidare l’attore e di imprimere una forma precisa alla scena. Ogni volta che si mette in scena una “pulcinellata”, la sfida è sempre la stessa: far esplodere la sua potenza comica, rinnovare la sua vocazione parodica, attualizzarne la forza. Pulcinella non ha bisogno di resurrezioni nostalgiche: è vivo ogni volta che lo si lascia agire. “Tre surice dint’a no mastrillo” di Antonio Petito, è una piccola macchina perfetta: una partitura fatta di parole essenziali, gesti rapidi, e soprattutto spazi per il gioco attorale. Nella sua apparente leggerezza, il copione nasconde un meccanismo teatrale millimetrico, che regge il tempo e lo sguardo contemporaneo. Petito non spiega né giustifica: presenta tipi umani, desideri ossessivi, corteggiamenti grotteschi. Pulcinella, degradazione farsesca dell’innamorato romantico, è coinvolto in una corsa assurda e violenta verso un oggetto del desiderio tanto erotico quanto irreale: la figlia della tavernara. In questa versione, la farsa diventa specchio amaro del nostro presente. L’amore si trasforma in consumo, l’oggetto desiderato è un bene da conquistare e bruciare. I tre pretendenti sono tre maschere della pulsione cieca, incapaci di reale relazione, immersi in un automatismo che è, oggi, lo specchio della nostra bulimia affettiva e sessuale. La scena si fa così essenziale, quasi crudele, per lasciar emergere un riso secco, violento, quasi animalesco

SPETTACOLO TEATRALE E SPETTACOLO DI DANZA
INTERO: € 10,00
RIDOTTO UNDER 25 E OVER 65: € 7,00
Biglietteria fisica la sera dello spettacolo dalle ore 18:00